mercoledì 29 giugno 2011

Crystal Pixie Nwankwonta, Piccoli capitoli di un nuovo giorno

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Piccoli capitoli di un nuovo giorno 

Crystal Pixie Nwankwonta







Dea

Guardami. Ossa, pelle, anima. Io sono una donna. Sguardo, sorriso, capelli. Io sono colei che tu devi essere. Madre, figlia, sposa. Guardati. Luna, stelle, piuma. Tu sei quello che sei, creatura meravigliosa e perfetta. Terra, sogno, albero. Respira quest'aria e renditi conto di cosa hai perduto nel tempo. Nuvole, gioia, cioccolata. Guarda le tue mani, le vedi sporche? Forse qualcosa non va nella tua testa. Ali spezzate, corpo marcito, cuore fermo. E ora che l'orologio si è rotto, e non puoi tirare indietro le lancette cosa farai. Respira, dondolati, ricerca. Guardami. Specchio, passata di pomodoro, uccelli. Io ero come te, poi è nato dentro di me. Tatto, muschio, margherite. Cercami, dìsperati ma prova anche tu. Culla, giardino, acqua. Io ti amo. Terra, terra, terra. Io mi amo. Cielo, cielo, cielo. Io vi partorisco. Stelle, stelle, stelle. Come si fa ad amare qualcuno? Basta volere la propria fine. Come si fa a odiare qualcuno? Basta volere il proprio inizio. Come si fa a non vivere? Basta vivere le vite degli altri. Ma, io voglio vivere. Allora lasciati trasportare, libera le parole, i suoni, balla, grida. Piangi, perché le lacrime sono quel briciolo di umanità che ti è rimasta. Il nostro cuore oramai non batte più, le nostre anime non si uniscono più neppure a Dio, che poi non è altro che un riflesso lontano. Il nostro eroe di turno, il nostro amore perfetto, il nostro io perfetto. La nostra idea dell'essere supremo non coinvolto. Tutti vorremmo essere come Dio per non versare quelle lacrime, per non far uscire quell'umanità che c'è in noi.

Fiori e umani

Io provo odio quando nel cielo non c'è nessuna nuvola. Perché così non arriva la pioggia a dissetare me e i miei fratelli.
Odio anche il polline.
Come puoi odiare il polline, ci dà vita?
Mi soffoca, mi fa morire ogni giorno di più, altro che vita!
Ma tu ami noi?
Sì, amo voi ma non amo il polline.
Amo la terra ma non sopporto la sabbia nelle scarpe.
La odio.
L'odio è un sentimento grande, come puoi odiare?
Non lo so, però, a volte moriamo per amore ma viviamo solo per odiare.

Corallo

Donna. Dita screpolate usate per lavare i piatti. Corpo disteso, pelle accapponata. Soffici seni, derma pendente. Labbra fatte di sorrisi dolci. Occhi grandi e veggenti. Piccole onde sul capo, spuma bianca del mare. Conchiglie nascoste tra la spuma, buccole di perla. Segni di una terra essiccata da tempo sono sfiorati da un rivolo d'acqua salata. Narici che si dilatano a ogni urlo del cuore. Scrosciare d'acqua, il corpo dondola. Piedi che toccano il rubinetto. Braccia aperte, ali spezzate. Polsi segnati. Velo bianco sporcato di rosso. Nuvole di corallo attorno al suo corpo.

Piero furioso
Coricato su una panchina, si trova il vecchio Piero, le ossa scricchiolano, quando si sposta per mettersi meglio, come una porta mal oliata. È coperto di giornali e stracci sformati, anche se il sole riscalda la giornata.
"I reumatismi sono una brutta bestia", ripete ogni volta che gli si passa accanto. Tossisce, mentre sistema meglio la carta straccia. Il sole si sta spegnendo; tra poco si alzerà per la sua cena, i soldi racimolati stanno dentro un bicchiere di cartone, sotto la panchina. Le tasche bucate non riescono più a tenerli. Non ha paura che li rubino, il quartiere gli vuole bene, perché lui racconta le storie. I bambini sono felici di ascoltarlo.
A un tratto, quando del sole c'è rimasto ben poco, una scoreggia lunga e sonora dallo stomaco del vecchio Piero echeggia in tutto il parchetto. 
Con un battito di ciglia stupite, Piero si sveglia ed ecco che il vento si solleva, danzano i fiori staccati dagli alberi e il polline. Si alzano i fogli di giornale dal corpo del vecchio, aggiungendosi alla danza, prima leggera poi sempre più forte e veloce, un girotondo vorticoso, nel quale s’infila anche il vecchio Piero furioso.
Alza le braccia, quasi volesse provare la danza e accarezzare con mano le giovani dame bianco nero vestite. Fiori e polline s'insinuano tra i capelli e i vestiti di Piero, sollevandolo lentamente da terra. Un’altra scoreggia e lo vedo danzare verso il sole, di cui è rimasto un solo bagliore. Accompagnato dalle giovani dame, Piero sorride. Mentre il suo corpo giace freddo su quella panchina tanto odiata. Sono sicura che non avrà più reumatismi di cui lamentarsi.

La vecchia Remington

1. Il pensiero dell'estate indolente. Nelle ore più calde rimani al fresco in casa, aspetti che un alito di vento muova le tue belle tende di lino. Ma, non senti nulla oltre al suono del ventilatore che non va e la macchina di un pazzo che gira per le strade.
Il tuo gatto sonnecchia in bagno, nel lavabo, il posto più fresco della casa, e tu coricato a terra getti occhiate impertinenti verso la lampadina del soffitto, pensando agli inverni passati sotto il piumone.
Come mai d'inverno non si muore di freddo e in estate non si riesce a trovare fresco?
Non riesci a muoverti, il tuo solo pensiero va alla lampadina che tra poco dovrai accendere, alle pagine del libro che stanno confuse sulla mattonella accanto e alla tua Remington, un regalo del nonno.
Forse ti va un ghiacciolo, forse devi solo toglierti le mutande, cosi da assaporare il completo freddo (che freddo non è) del mattonato di casa.
Ma il gatto dov'è andato a finire?
Pensi al pranzo che non hai fatto, alla cena che poi farai, alla colazione del giorno dopo, ma il giorno finirà? Tramonterà finalmente questo sole e ritroverai la sera con le stelle e la brezza; oppure rimarrai ozioso sopra il pavimento, a guardare la lampadina e a sentire il ventilatore che scandisce i secondi a singhiozzo, pensando al tuo romanzo?

2. Non parliamo più. Urliamo. Fottiamo il prossimo e basta. Guardiamo la mosca ma non la catasta di merda sulla quale siamo seduti. Continuiamo a scavare e grufoliamo come maiali. Spiriti liberi, imprigionati in gabbie di legno. I nostri cuori sono monolocali in affitto e i nostri corpi involucri in affido a genitori fantasma. Ecco cosa siamo. Non sogniamo più di combattere draghi per salvare le pulzelle. Pensiamo solo a incularci gli altri prima che loro lo facciano con noi. Perché se non inculi, prima o poi sarai inculato. Tutte le cose che facciamo sono ossessive, possessive e distruttive.
Ecco cosa penso mentre sono sdraiato sul pavimento, come ieri. Penso a questo e a come inculare quella bella ragazza che s’è appena trasferita nell'appartamento accanto al mio. Maglietta viola, sorriso timido. Calze blu. Ma come diamine fa a indossarle con questo caldo? Mi tolgo le mutande e incomincio a masturbarmi. Mentre i miei pensieri vanno a Misha. Dove diavolo è finito quel dannato gatto? Dovrei scrivere... ma dopo... c'è tempo!

3. Ti ho finalmente incontrato, tu pittrice, io scrittore. Due parole messe in croce e nulla di più, ma già so che siamo fatti l'uno per l'altra. Quello che non so è se riuscirò a stare con una come te. In verità, non so se riuscirò a stare neppure con me stesso, sono troppo serio, penso solo a raggiungere i miei obiettivi, senza guardarmi intorno o provare amore per gli altri.
Siete diventati il mio studio, le mie cavie... sì, anche tu baby... sintetizzo anime in provetta, per poi scaricarle su pagine di follie. Non me ne frega un cazzo dei litigi e delle storie d'amore. Siete solo cavie da laboratorio. Le mie piccole cavie che farò morire.
È un po’ come diceva Gaber per la masturbazione, lo scrivere per me è una masturbazione mentale e fisica. Godo nel vedere le cose scritte da me realizzarsi rigo dopo rigo. Una casalinga attempata, la mia vicina di casa, diventerà un’assassina sexy in un mondo corrotto e noir. Betty, la mia amica carina e petulante, diventerà vittima di un violentatore capriccioso.
Scrivo solo di morte, perché voi bastardi figli di puttana volete solo questo! Volete uccidere, uccidere e ancora uccidere. Vi piace la morte ed io ve la offro su un piatto d'argento.
Siete così patetici!
Vivo in un piccolo monolocale pieno di fogli imbrattati fino al tetto, poi ci sono le tazze di caffè e quelle pagine bianche che mi mettono paura. Il mio gatto ogni tanto piscia sulle cose che scrivo. Io vado a leggerle e mi accorgo che fanno proprio schifo. Beh, il mio gatto è il mio miglior critico. Questa è la mia storia. Che vi piaccia o no.

4. Vorrei poterti stringere, adesso, ma non posso. La lontananza è una brutta cosa, soprattutto se non è fisica ma mentale. Ogni tanto mi risveglio e penso che forse incontrarti sia stato solo un brutto sogno. Tu, egocentrica, pazza e scontenta.
Eppure sorridi e chiedi solo un po’ di fiducia. Vorrei poterti regalare un fiore, qualcosa di mio. Il cuore lo danno tutti, anche il corpo, invece un sorriso lo sanno dare in pochi, per non dire di uno sguardo. La dolcezza non è un solo gesto, lo so, questo mio stringerti immaginario è una cosa stupida. Però anche tu, forse, chiedi l'impossibile perché la dolcezza va sempre in coppia. La dolcezza è rabbia, amore, gelosia, è anche sesso.
Potrei regalarti un volo di aquilone o un castello di sabbia e un bel tramonto.

5. Quando cadono i petali di ciliegio. Quando crollano le maschere. I veli. Quando  si staccano i capelli. La pelle. I denti. Quando scompaiono le affermazioni. I peli sulla lingua. Cosa rimane? Rimane solo un involucro stagno. Solo un decadente corpo da cui non può nascere nulla oltre le lacrime e il dolore.

6. Vorrei spararti. Un colpo secco alla testa. Diritto dentro il tuo cranio. Farti saltare in aria le cervella, tanto che cazzo te ne fai tu! Prima, però, ti scoperei a morte, ti torturerei, ti farei succhiare cazzi in un bar di Caracas, ci spenderei soldi, per il viaggio e per la droga che lentamente t'infilerei in vena. Sei solo una lurida!
Un bel verdone, cento dollari a botta chiederei e per il tuo culo anche il doppio, con il sado potremmo arrivare anche a cinquecento, seicento. Potrebbero farti di tutto, tanto tu sei solo una fottuta merda. Non hai voluto il mio cazzo, piccola puttana, allora prenderai quello degli altri, a stufo.
Pezza di troia che non sei altro, ti lancerei addosso acqua gelida e sputi. Ti prenderei a calci fino a farti riprendere. Lavati schifosa. Lava le tue colpe con i miei sputi, e poi succhiami il cazzo, perché la tua vita è appesa a un filo.

7. BANG! Finalmente ho scritto con la Remington pagine di sangue.


L'arroganza giovanile di una scrittrice

Quando scrivo, penso sempre che non bisogna raccontare quello che altri hanno già scritto, ma mi rendo conto che tutti hanno sempre scritto qualcosa su tutto. La bellezza dello scrivere è di mettere giù quello che gli altri hanno già scritto ma a modo mio. Semplice, dolce e clinica anche. Perché la poesia è dappertutto, in un pazzo ma anche nella scoreggia di un vecchio. 

* Titolo del quadro: Verso un nuovo giorno di Viviana de Santi, acrilico su cartone

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