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Philip Roth
Il seno
Il Sole 24 Ore, pp. 76
Tra coloro che hanno letto Philip Roth in molti converranno che è né più né meno un buon narratore. Si tratta, infatti, di uno scrittore che con certa scioltezza e padronanza nel muovere le stanze che compongono i suoi romanzi porta le storie dove vuole lui.
D'altra parte, sarete d'accordo con me che Roth ha una vera e sana difficoltà nel pensare gli esordi dei suoi romanzi, nessuno escluso. In tal senso basti leggere le prime due pagine della Pastorale americana, che gli valse il sempiterno Pulitzer nel 1997.
Com'è evidente anche nel Seno, l’autore è afflitto da quella che in modo simpatico possiamo definire sindrome della pagina bianca. Si sente e soprattutto si legge che il narratore sta seduto davanti alla macchina per scrivere ore intere e forse giorni prima di mettere giù quel paragrafo.
Superata questa prima fase, Philip Roth acquista sempre più la padronanza del testo e riesce a fare propria la storia che vuole raccontare. Si tratta di un crescendo armonioso in cui lo stesso autore sembra prendere consapevolezza della bontà delle sue idee. Inoltre, per graffiare la pagina e per la gioia dei suoi lettori, da vero profeta delle vicende umane, Roth c’infila un po’ di sesso. Si direbbe, erotismo più che altro.
Il seno è un esempio chiaro e bonsai di questa – vogliamo chiamarla – evoluzione dell’organizzazione del piano dell’opera che, per l’appunto, comincia con l’esordio, cresce fino all’apice (con qualche colpo da maestro e delle sbavature) e arriva all’epilogo in cui – dopo avere chiamato in causa la Metamorfosi di Kafka e Il naso di Gogol – in questo racconto trascrive alcuni versi del Requiem di Rilke in una sorta di chiosa ironica e lapidale.
Produzione, Ithaca ©
* Fotografia di copertina: Man Ray (Filadelfia, 1890/Parigi,1976).
ho letto diversi libri di roth e sono ancora indeciso sul giudizio personale. non capisco se mi piace o no.
RispondiEliminaCiao, Luigi,
RispondiEliminacondivido il tuo pensiero.
Questa breve recensione mette in chiaro un aspetto: Roth ha una seria difficoltà nell'esordio dei suoi lavori. Problematico. In ogni caso, anche nell'evoluzione delle sue narrazioni ci sono dei black out. Autore valido ma non un punto oltre.
Grazie,
Erwin
Son capitata qui in seguito a una google-ricerca e vorrei lasciare anche il mio parere: personalmente ritengo Roth il miglior autore contemporaneo, nessuna sua parola va sprecata, un genio che lascia più di un graffio nel lettore (non in tutti ovviamente). Non ho avuto la sensazione di "difficoltà nell'esordio" anzi, nell'ultimo che ho letto, Everyman, l'inizio è originalissimo (tralasciando un orrore grammaticale). Nei suoi libri parole da leggere e rileggere che non mi hanno mai lasciata indifferente (e davvero a volte avrei preferito che succedesse)Tra le tante, questa frase rende secondo me benissimo l'idea di "Pastorale americana": "Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c'è un senso."
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