venerdì 8 luglio 2011

Mario Girolamo Gullace, due inediti.





Chi si addossa colpe non sue
fa il facchino in una stazione
della via crucis. E' quasi nudo,
per fare notare la totale assenza

di tasche e cassette di sicurezza.
Quello che fa è una vocazione
per convocazione del Padreterno.
Non è un volgare mercenario

che si vende al dittatore dietro
l'Angola e poi passa il suo tempo
a ripulirsi con gli stuzzicadenti
dei pezzettini degli innocenti.

Chi si affossa, usando le mani
di talpa portate dal pony express,
è un ex appartenente alle brigate
partigiane nella guerra lampo,

che aveva cominciato quello del
piano di sopra, nell'appartamento
ben munito di abbaini ringhianti.
Ma poi la lampo si è inceppata,

e la situazione è degenerata
con delle concentrazioni di gas
in docce difettose. Il Massimo
Responsabile ha telefonato giù,

sulla terra molto martoriata,
e ha chiesto l'intervento del suo
lattoniere di fiducia. Nonostante
fosse INRIposo, lui è arrivato

e si è accollato l'onere disumano.
Lo vedi ancora adesso, incollato
alle pareti di tutti gli edificanti
propositi di riparare le turbature

d'animo, e di passare la spugna
per cancellare i numeri tatuati.
Ma la spugna è gonfia di sputo
d'aceto, con chiodi pregni d'odio.


*


Lo sciamano entrò in trance e poggiò
le sue mani sul posseduto. Il locale
nel seminterrato stava per chiudere.
La ballerina di lap dance si rivestì,
mentre alcolici avventori sciamavano
verso le loro più disperate destinazioni.

Lo spossessato della sua identità nota,
mugghiava, come può farlo soltanto
un mare infernale di lava ribollente.
Aveva la gola aperta di nuove bocche,
ed eruttava il sibilo stridulo del falco
quando gira in cerchio per lanciarsi.

Lo spaesato di sé, era stato spogliato
di ogni residua somiglianza a prima.
Supino sul pavimento, si contorceva
in un movimento sussultorio di terra
quando è scossa generata dal nucleo,
e scuote, rigetta, scompiglia e rugge.

Lo sciamano, dalla sua postazione
da timoniere, constatava le rotte voci,
il muco ostruttivo, le corde pendule
che stringevano al collo le consonanti,
le vocali, con dei fori di grosso calibro,
perdevano sangue a boccali da pub.

Pablo Neruda, si fermò per cogliere
l'ispirazione da quella scena esoterica.
La metrica che usò fu la più cruda
e reale aderenza a quel rantolare,
e cantò l'america che il conquistatore
uccise per possederne il volo del falco.

Un rivolo di coscienza apparve a lato,
in alto, alato angelo dal palato ricucito,
risanato, non aveva più la gola a canna
di pistola. Il suo parlato era svettante
e cinguettante di osanna per le vastità
che riscopriva libere, e librò un vagito.

1 commento:

  1. Il microcosmo e il macrocosmo, un alternanza di sentimenti,idee stati d'animo che si riflettono nell'uno e nell'altro,e, come in caleidoscopio cangianti. Siamo spettatori o attori di questa "realtà". Leggere questi versi ti fa scendere gradino dopo gradino in nicchie inesplorate del cuore, tenendo in mano la fiaccola della luce del "mondo fuori".
    Grazie.
    catattoo

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