L’autunno
di
Sergiusz Piasecki
L’autunno.
L’oro pende dagli
alberi, formicola nell’aria, striscia sotto i piedi. Intorno c’è un mare d’oro.
Si cammina su tappeti
d’oro. E questa stagione dalle profonde, oscure notti, è anche per i
contrabbandieri la “stagione d’oro”.
Il confine freme di
vita. Le spedizioni si seguono notte per notte. I contrabbandieri lavorano come
pazzi. Non hanno nemmeno il tempo di prendere delle sbornie con tutti i
quattrini che guadagnano. Nessuno di noi vede quasi la luce del giorno, perché
di giorno si dorme dopo le sgobbate notturne.
Sono dimagrito e mi
sono abbronzato. Anche Trofida è scuro. Ma mi sento molto più robusto di una
volta, quando facevo le prime spedizioni. Ora una marcia di trenta chilometri,
di notte, con un carico sulle spalle, è uno scherzo per me. Ho passato undici
volte i reticolati. Sono già stato sfiorato dalle pallottole dei Verdoni.
Quando sentii per la prima volta il loro sibilo mi divertii assai, ero eccitato
dal pericolo. Non avevo affatto la sensazione di poter essere colpito io, no,
per niente!
Quando uscivamo nella
notte e procedevamo adagio, silenziosi, mi sembrava di camminare sott’acqua. Mi
sembrava che fossimo intrepidi navigatori che attraverso svariati pericoli
cercavano il loro porto.
Se in una profonda
notte autunnale si potesse squarciare il velo delle tenebre, si vedrebbero per
lungo spazio file di contrabbandieri che avanzano furtivamente a gruppi di tre,
quattro, cinque e certe volte anche dieci e più uomini. I gruppi più numerosi
sono guidati da esperti conoscitori della frontiera, i “macchinisti”. I piccoli
gruppi scorrazzano, di solito, per proprio conto. Anche le donne prendono parte
a queste spedizioni, spesso parecchie insieme, nell’intento di acquistare per
argento, per oro, o per dollari merce polacca da poter rivendere con lauti
profitti in Russia. Le bande armate sono poche perché, di solito, i
contrabbandieri non usano armi. E se qualcuno si tira dietro un fucile se ne
sbarazza al più presto soprattutto se viene fermato dalle guardie. È l’arma più
temuta di tutte, l’“otrez”, il fucile a canna corta dei banditi. C’è un gruppo,
però, che è sempre armato: è quello degli Alinciuki, di Sacka e di qualche
altro contrabbandiere che ha buone ragioni per esserlo.
Abolendo il velo
dell’oscurità sulla frontiera si potrebbero vedere i pescecani del confine, i
contadini che tendono agguati ai contrabbandieri; essi sono armati di “otrez”,
di carabine, di rivoltelle, di mazze, di scuri e di forche. Si potrebbero anche
vedere le bande sovversive, composte di parecchi uomini armati, oltreché di
carabine e di rivoltelle, di mitragliatrici e di granate; quelle dei ladri di
cavalli che contrabbandano questi animali dalla Polonia alla Sovietia e
viceversa. Si potrebbe scorgere, infine, una figura insolita, un uomo che, solo
soletto, misura con i suoi passi il confine e varca la frontiera nei luoghi più
pericolosi. Egli avanza con le mani piene di bombe, con le rivoltelle alla
cintura e il pugnale al fianco; è una spia… È un audace, un astuto, salvatosi miracolosamente
da mille avventure, risoluto come il Diavolo stesso, spavaldo bandito della
frontiera. Lo temono tutti: i contrabbandieri e le guardie confinarie, gli
agenti dello spionaggio e del controspionaggio e anche i contadini. Acciuffare
un contrabbandiere è una bella cuccagna, ma imbattersi in un demonio simile è
la cosa più terribile che possa capitare.
Si potrebbero vedere
ancora molte altre cose strane ed interessanti… ma di esse parlerò nel seguito
del mio racconto.
* Testo: tratto da L’amante dell’Orsa
Maggiore di Sergiusz Piasecki, pagine 59-60, con la traduzione dal polacco di Evelina
Bocca Radomska e Gian Galeazzo Severi, Arnoldo Mondadori Editore, Gli Oscar,
ottobre 1965 I edizione
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Fotografia di Sergiusz Piasecki scaricata free copy da internet